martedì 2 febbraio 2016

Yaesu FT-101

La vita di noi ragazzi negli anni '70 era molto diversa da quella dei ragazzi di oggi. La televisione era in bianco e nero, c'erano solo due canali e le trasmissioni iniziavano in tarda mattinata precedute da una solenne sigla. I cellulari non esistevano e il telefono di casa spesso aveva il duplex, ciò significava che era isolato mentre telefonavano i vicini. Non esistevano smartphone, sms, watsapp, facebook e neanche le cinture di sicurezza in macchina. L'elenco potrebbe continuare a lungo ma fermiamoci quì.

Alcuni di noi si dedicavano assiduamente allo sport, altri alla politica, ricordo con simpatia un mio compagno di scuola, un certo Livio, che già alle scuole medie discuteva abilmente di politica con alcuni insegnanti. Altri avevano interessi più tecnici, principalmente l'elettronica e la fotografia.

Io rientravo fra gli appassionati di elettronica, in particolare quelli dediti all'alta frequenza! Gli altri, quelli che interessavano di bassa frequenza erano affascinati dall'alta fedeltà, quindi dagli amplificatori, dalle casse acustiche, .... Noi invece eravamo interessati principalmente alla radio-tecnica, cioè a costruire e riparare radio e televisioni.

Ho iniziato a studiare un po' di radio-elettronica grazie a mio padre che, sempre pronto a soddisfare i miei interessi, mi aveva iscritto al corso Radio Stereo a Transistor della Scuola Radio Elettra di Torino.


Leggevo assiduamente la bellissima rivista Nuova Elettronica, di cui conservo gelosamente tutti i numeri, e realizzavo diversi progetti pubblicati fra cui alcuni trasmettitori FM per radio libere, allora si chiamavano così le radio che avevano iniziato a trasmettere in modulazione di frequenza.


Così, con alcuni amici, mi divertivo a trasmettere della musica improvvisando dei programmi strampalati. Tutto rigorosamente senza alcun permesso, pagamento alla SIAE e via dicendo, penso che oggi ci sarebbe l'arresto!

Nel 1980, dopo aver superato l'esame presso il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ho conseguito la patente di radiamatore e ho cominciato a sognare apparati radio costossissimi per quei tempi, irragiungibili per la maggior parte dei portafogli.

Fra i miei sogni c'era il bellissimo Yeaesu FT-101 e dopo tanti anni sono fortunatamente entrato in possesso due fantastici esemplari di questo apparato che allora avevo tanto desiserato: uno Yaesu FT-101EE e un Sommerkamp FT-277ZD (Yaesu FT-101ZD).



La Yaesu è nata in Giappone nel 1959, fondata dal radioamatore Sako Hasegawa (JA1MP). Sembrerebbe che il nome derivi dal nome di una stazione della metropolitana situata in prossimità della fabbrica. Negli anni '70 gli apparati Yaesu furono importati in Italia tramite la Svizzera con il marchio Sommerkamp in quanto era in atto un contingentamento di tutto ciò che aveva il marchio made in Japan.

Con la sigla FT-101 si indicano una linea di ricetrasmettitori costruiti dal 1970 al 1980. La loro caratteistica fonfamentale è quella di essere un ibribo, cioè da essere realizzzati completamente allo stato solido con la sola eccezione dell'amplificatore finale del trasmettitore che è a valvole.

Un'altra caratteristica importante che li contraddistingue è di essere modulari, cioè costruiti con schede facilmente estraibili in caso di sostituzione o riparazione, una vera novità a quei tempi.

Il ricetrasmettitore Yaesu FT-101EE, in mio possesso, è una versione economica del FT-101E, quindi senza RF Processor ed è stato costruito fra 1976 e il 1979.

Mentre, il ricetrasmettitore FT-101ZD è stato prodottto in tre versioni, quella in mio possesso è la seconda, la sua matricola che inizia con 0 indica che è stato prodotto nel 1980.

E' bellissima la sensazione che si prova ascoltando i corrispondenti in onde corte nelle lunghe serate invernali. Voci da tutto il mondo risuonano nel mio studio evocando un'atmosfera d'altri tempi. Così con un vecchio ricetrasmettitore e un'antenna autocostruita parli con tutto il mondo. Sicuramente è più facile con skype ma non è la stessa cosa... provare per credere!

Penso che esistano oggetti che usandoli si degustano, che trasmettono emozioni, costruiti per durare, per essere riparati in caso guasto. Ci penso tutto le volte che metto in moto la mia Fiat 500 F del 1970, tutte accendo una delle mie radio vintage, quando mi rado conn un vecchio rasoio abilmente restaurato, ...

venerdì 15 gennaio 2016

Ristorante "Moro" a Mestre

Sono passato molte volte davanti a questo ristorante senza, purtroppo, prenderlo in considerazione. Forse perchè Via Piave non è un luogo molto accogliente e ben frequentato (specialmente di sera) anche se, da quanto mi hanno raccontato, una volta era il "salotto" di Mestre.

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Il locale è accogliente, arredato con uno stile anni '80 che a me non dispiace, forse perchè mi ricorda un periodo che, a differenza di quello attuale, mi piaceva.

Si capisce subito che si tratta di un locale a conduzione famigliare con clienti prevalentemente abituali. Il servizio è accurato ma alla mano al tempo stesso.

La carta dei vini è interesante e i prezzi mi sono sembrati onesti.

Fra i primi, il piatto che ho gradito di più sono state le linguine al nero di seppia con baccalà, davvero gradevoli e servite su un piatto nero di ardesia cha gli conferisce un aspetto piacevole.

Ottima la tartare preparata con cura e attenzione direttamente al tavolo dal titolare, una persona molto molto preparata sui temi eno-gastronomici.

Lo consiglio vivamente!

domenica 10 gennaio 2016

Gilette Fat Boy Adjustable del 1960

Mi piace frequentare i mercatini di roba usata e a volte, con un po' di fortuna, fra tante cianfrusaglie si può trovare qualcosa di interessante.

Ecco che cosa è uscito fuori: un bel rasoio! Un bel Gilette Fat Boy Adjustable.


Si tratta di un rasoio regolabile prodotto prodotto dal 1958 al 1961.



Mediante una ghiera dotata di un indicatore numerato posta sul manico è possibile regolare l'aggressività, cioè  quanto sia in grado di radere a fondo.


Le sue caratteristiche principali sono sono:

Peso: 78g
Lunghezza totale: ca 8,7 cm
Lunghezza maniglia: ca 7,6 cm
Tipologia: DE, TTO, regolabile


Dicono di lui:

E' il rasoio più ricercato in assoluto nel mercato del vintage.
Funzionale,solido,bellissimo in ogni suo aspetto.


Quì è possibile trovare un'ottima recensione:

http://www.ilrasoio.com/viewtopic.php?f=92&t=2094

venerdì 8 gennaio 2016

Il Vino (Prof. Giovanni Russo)

"Una bottiglia di vino è come un buon libro.

Una raccolta di vini scelti con passione è coma una biblioteca raffinata.

Privarsi di questa gioia dello spirito è come considerarsi analfabeti.

Conoscerlo, quindi saperlo apprezzare, imparare a stabilire quali siano

i rapporti con i cibi è un fatto di eleganza e, perché no, di civiltà."

                                                                                          Prof. Giovanni Russo


Il Prof. Giovanni Russo, enolologo e sommelier, ha sempre trasmesso con passione e simpatia la Sua sconfinata cultura sul vino. Ci piace ricordarlo proprio con le Sue parole. 
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venerdì 19 giugno 2015

Il Cesanese

Il Cesanese è un vitigno a bacca nera di origini incerte, tuttavia si ritiene che sia originario proprio delle colline che circondano Roma. Comprende le due varietà Cesanese di Affile e Cesanese Comune, ed è un vitigno sicuramente tra i più importanti del Lazio e dà il nome al vino omonimo.




L’etimologia del nome deriva dal taglio dei boschi (in latino “coesi”) che si estendevano sulle colline ad ovest di Affile. Gli affilani, quindi, chiamarono l’uva che maturava in quelle stesse colline: Cesaneses.

Non si hanno elementi certi in merito alle origini di questo vitigno. La notizia più antica risale a Plinio C.S., detto il giovane, che cita la copiosa produzione di vino rosso ad Ariccia, nell'area dei Castelli Romani. Nel libro XIV della Naturalis Historia egli attribuisce al gruppo delle “Alveole” l'appartenenza varietale dei vitigni rossi coltivati lungo le pendici delle collinette vulcaniche degradanti da Ariccia verso il mare. Molti studiosi hanno ipotizzato che tali Alveole siano riconducibili alla famiglia dei Cesanesi, da cui scaturivano vini di antichissima tradizione, come testimoniano i reperti archeologici e storici rinvenuti sul territorio. 
Si racconta che l'imperatore Nerva, colpito dalla squisitezza del vino del Piglio costruì in quella zona una sua residenza imperiale, i cui resti sono ancora visibili. Si narra anche che questo vino fosse il preferito da Federico II di Svevia durante le sue battute di caccia. 
Testimonianze ancora più certe lo danno come il preferito tra i vini dai papi anagni, Innocenzo III e Bonifacio VIII.




Per chi vuole degustare degli ottimi vini a base di Cesanese, consiglio questi produttori:

* Casale della Ioria (Cesanese del Piglio D.O.C.G)

* Coletti Conti (Cesanese del Piglio D.O.C.G.)

* Giuliani (Cesanese del Piglio D.O.C.G.)

DISCIPLINARE DI PRODUZIONE:


La Denominazione di Origine Controllata e Garantita "Ceasanese del Piglio" o "Piglio" è riservata ai vino rossi che rispettano il disciplinare stabilito e che rientrano nelle seguenti tipologie:


«Cesanese del Piglio» o «Piglio»
«Cesanese del Piglio» o «Piglio» "Superiore"

Deve essere ottenuto dai vitigni Cesanese di Affile e/o Cesanese comune per il 90% minimo e da vitigni complementari, "idonei alla coltivazione" per la regione Lazio per non più del 10%.

La zona di produzione delle uve dei vini ricade nella provincia di Frosinone e comprende tutto il territorio del Piglio e Serrone e parte del territorio di Acuto, Anagni e Paliano.

Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione devono essere quelle tradizionali della zona atte a conferire alle uve le specifiche caratteristiche di qualità. Per i nuovi impianti e reimpianti la densità non può essere inferiore a 3.000 ceppi per ettaro. I sesti di impianto e le forme di allevamento consentiti sono quelli idonei per la tipologia di vitigno e per la zona.

La produzione massima di uva per ettaro e la gradazione minima sono le seguenti:

«Cesanese del Piglio» o «Piglio» 110 q/ha 12,00% min.
«Cesanese del Piglio» o «Piglio» "Superiore" 90 q/ha 12,50% min.

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella sola area dei comuni ricadenti in provincia di Frosinone: Serrone, Piglio, Paliano, Acuto ed Anagni. 

E' ammessa la colmatura dei vini in corso di invecchiamento obbligatorio, con vini aventi diritto alla stessa denominazione di origine non soggetti a invecchiamento obbligatorio.

La resa massima dell'uva in vino è la seguente:

«Cesanese del Piglio» o «Piglio» 65% 71,50 hl/ha
«Cesanese del Piglio» o «Piglio» "Superiore" 60% 58,50 hl/ha

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non oltre il 70%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine. Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione di origine per tutta la partita.

Per il vino «Cesanese del Piglio» o «Piglio» l'immissione al consumo è consentita non prima del primo febbraio dell'anno successivo alla vendemmia; per il vino «Cesanese del Piglio» o «Piglio» "Superiore" l'immissione al consumo non è consentita non prima del primo luglio dell'anno successivo alla vendemmia.

E' consentito un periodo di invecchiamento in recipienti di legno e/o di affinamento in bottiglia.

All'atto dell'immissione al consumo, vini devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

«Cesanese del Piglio» o «Piglio»
colore: rosso rubino con riflessi violacei;
sapore: morbido, leggermente amarognolo, secco;
tit. alc.: 12% min.

«Cesanese del Piglio» o «Piglio» "Superiore"
colore: rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento;
odore: intenso, ampio con note floreali e fruttate;
sapore: secco con retrogusto gradevolmente amarognolo;
tit. alc.: 12,5% min.

La tipologia «Cesanese del Piglio» o «Piglio» "Superiore" sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a 20 mesi, di cui 6 di affinamento in bottiglia e con un titolo alcolometrico volumico totale minimo di 14% può fregiarsi della menzione aggiunta "Riserva".

I vini possono essere immessi al consumo soltanto in recipienti di vetro di volume nominale fino a 0,75 litri. E' consentito l'imbottigliamento in recipienti da 1,5 L, 3 L, 5 L in bottiglie classiche con tappo in sughero.

I vini Kosher

Un mio carissimo amico golfista, compagno di tante piacevoli giornate sul campo di golf, è un appassionato studioso della cultura ebraica e mi ha fatto omaggio di alcuni interessanti vini kosher.


Ma che cos'è un vino kosher? Il grande enologo Giacomo Tachis, il papà del Sassicaia tanto per intenderci, lo spiega molto bene nel suo libro "Sapere divino". Ecco dosa scrive:

Il termine ebraico kosher significa valido, adatto, buono. Nel settore alimentare significa adatto a essere consumato perché preparato nel rispetto delle norme alimentari ebraiche. [...]
Dalla terra la vite assorbe nutrimento e calore e si dice che assorba anche le intenzioni di chi la coltiva. Per questo motivo il vino per gli ebrei deve essere prodotto da correligionari osservanti, da coloro che "sono adatti". Questi eseguono personalmente tutta la lavorazione, che inizia dal momento in cui l'uva viene spremuta, fino all'imbottigliamento. Può apparire quasi paradossale, ma l'enologo o il cantiniere devono lasciare la cantina sostituiti dall'ebreo ortodosso, che maldestramente, ma con buona volontà, esegue tutte le operazioni necessarie. Successivamente,, perché il vino rimanga kosher, deve essere sempre un ebreo osservante a eseguire di persona l'apertura di ogni bottiglia e la mescita. Anche per quanto riguarda l'uso di lieviti, enzimi, e le varie apparecchiature utili in cantina, quali pompe, filtri e recipienti, ogni cosa deve avere il certificato del produttore sotto controllo rabbinico ed essere "kosherizzata" prima dell'uso, ossia purificata con procedure specifiche.

Questo è quello che spiega Tachis nel suo bellissimo libro che consiglio vivamente.

lunedì 8 giugno 2015

Vino e Poesia: "Vino bono" di Trilussa

"Vino bono"

Trilussa


Mentre bevo mezzo litro,
de Frascati abboccatello,
guardo er muro der tinello
co’ le macchie de salnitro.
Guardo e penso quant’è buffa
certe vorte la natura
che combina una figura
cor salnitro e co’ la muffa.
Scopro infatti in una macchia
una specie d’animale:
pare un’aquila reale
co’ la coda de cornacchia.
Là c’è un orso, qui c’è un gallo,
lupi, pecore, montoni,
e su un mucchio de cannoni
passa un diavolo a cavallo!
Ma ner fonno s’intravede
una donna ne la posa
de chi aspetta quarche cosa
da l’Amore e da la Fede…
Bevo er vino e guardo er muro
con un bon presentimento:
sarò sbronzo, ma me sento
più tranquillo e più sicuro.